mercoledì 1 giugno 2016

Warwick Road, 1955

In fondo che cosa c'era di importante?
Di fondamentale, di fermo, sicuro.
Ogni tanto le cose le sembravano così distanti sbiadite grige piatte irrilevanti.
Alcune mattine, seduta in cucina, al tavolo giallo, osservando le dispense oridnate, i tulipani nel vaso accanto alla finestra (Jack glieli portava freschi ogni sera), il lavandino luccicante ed asciutto, l'aroma del caffè ancora disperso e aleggiante nella luce pulita, lattea, vitrea, luminosa del mattino, tutto le sembrava vuoto.
Il silenzio era fermo, la casa immobile, le lenzuola bianche e fresche, le sue guance rosa e le sue labbra rosse, i bambini a scuola, Jack in ufficio.
Kitty sedeva in cucina assaporando quesi secondi pesanti, vuoti, immobili, in cui tutto era stato riassettato, pulito, profumato.
Quel momento in cui tutto poteva succedere, in cui la mattina era ferma.
La mattina era il primo momento della giornata che preferiva. Still.
Dopo essersi alzata, aver tirato le tende, guardato la siepe dalla cucina, accendeva la radio (giornata cattiva, doveva coprire il silenzio) oppure ascoltava il rumore del risveglio (giornata buona). Preparava le uova, il toast, il burro, il succo di melograno, le tazze azzurre sul tavolo, i tulipani vicino la finestra.
Si sedeva, volto alla finestra sopra il lavandino, verso la siepe, accendeva una sigaretta, tirava una lunga boccata ed un lungo respiro, e aspettava.
Si sentiva pienamente padrona del momento, sapeva dov'era, chi era, la sua pelle era bella, le tazze dritte, i tulipani bagnati e freschi.
Non contava il dopo.
Il momento era perfetto.
E basta.
Il secondo momento preferito della giornata di Kitty era la sera, le cinque o le sei. La luce era arancione, i bambini guardavano la tv, la doccia era stata fatta, Jack leggeva il giornale, la cena era pronta.
Kitty usciva dall'ingresso principale, sedeva sui gradini, accendeva una sigaretta, tirava una lunga boccata ed un lungo respiro e osservava.
Osservava la strada farsi silenziosa, le cose tornare al loro posto, le persone alle loro case, la campagna risvegliarsi, le macchine lungo i vialetti, le vicine dalle finestre nelle cucine.
Tutto ciò che si poteva fare nella giornata era stato fatto, le promesse del mattino mantenute o no, ormai scendeva la calma. Le menti si fermavano, le mogli abbracciavano i mariti, gli stufati erano sul fuoco.
Kitty non era mai stata d'accordo con l'uso del termine “grande depressione” per la crisi del '29. In particolar modo non capiva l'accezione negativa del termine “depressione”. Deprimere era sì schiacciare ma anche lasciare uscire fuori la pressione, liberare. Ora, nel 1955, tutta la pressione era accumulata , schiacciava come gommapiuma.
Ovunque.
Kitty la vedeva e la sentiva ovunque.
Negli occhi di Jack quando tornava dalla città, nei sorrisi di Francine, denti bianchi e rossetto perla, quando le serviva un margarita al cocktail party, nello sguardo dei suoi figli seduti dritti sul divano foderato di nuovo del loro salotto, in Warwick Road, numero 15, Castelbury, New York, in posa per la foto delle cartoline di Natale del 1954.