Felicità e
dimenticanza: da Totò a Billy Elliot
“Forse vi sono
momentini minuscolini di felicità, e sono quelli durante i quali si
dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di
attimi di dimenticanza.” A. De
Curtis (Totò)
Così rispondeva il Principe De Curtis ad una giovane Oriana Fallaci
nel 1963, in un'intervista rilasciata per “L'Europeo”.
Totò non è stato comunque il primo e nemmeno l'ultimo a
riflettere sulla condizione di precaria felicità dell'uomo, unico
animale dotato di pensiero e paradossalmente imprigionato nelle
gabbie della sua stessa mente.
Se
torniamo con la memoria ai grandi poeti latini,
Orazio (65 a.C. - 8 a.C.)
nelle “Odi”,
scritte a partire dal 30 a.C., ci ricorda che
“Dum
loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.” Orazio, Odi I, 11, 7-8
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.” Orazio, Odi I, 11, 7-8
“Mentre
stiamo parlando il tempo invidioso sarà già fuggito.
Gustati ogni giorno, confidando il meno possibile nel domani.”
Gustati ogni giorno, confidando il meno possibile nel domani.”
Proseguendo
nella storia della Letteratura, arriviamo al 1490, anno in cui
Lorenzo il Magnifico compone “Il trionfo di Bacco e
Arianna”, contenuto nei
“Canti Carnascialeschi”,
che così recita nel celebre ritornello:
“Quant'è
bella giovinezza / che si fugge tuttavia!
Chi
vuol esser lieto, sia: / di doman non c'è certezza.” L.
de' Medici
Viene
qui ripreso proprio il
concetto del carpe diem
oraziano, tema caro agli
uomini di cultura del XV secolo, che vivevano nella consapevolezza
della fugacità del tempo, e credevano quindi nell'importanza di
godere pienamente delle gioie della vita. Questa riflessione non deve
però essere considerata un semplice invito alla dissolutezza, ma il
frutto di un profondo mutamento filosofico nella concezione del tempo
umano, a partire dall'età Rinascimentale.
La
riflessione sul concetto di tempo, sul suo scorrere e sulla capacità
di confrontarsi con esso in modo saggio, fino ad annullarlo per
ottenere così uno stato di felicità, di “equilibrio”, è anche
uno dei punti chiave dell'opera di Herman Hesse, “Siddharta”,
del 1922. Nel libro, frutto delle disparate influenze filosofiche
dello scrittore, dal buddhismo al pensiero di Schopenauer e Bergson,
in un dialogo tra il protagonista ed il barcaiolo Vasudeva, viene
detto:
“Non
era il tempo la sostanza di ogni pena, non era forse il tempo la
sostanza di ogni paura, e non sarebbe stato superato e soppresso
tutto il male, tutto il dolore del mondo, appena si fosse superato il
tempo, appena si fosse trovato il modo di annullare il pensiero del
tempo?” H. Hesse, Siddharta
Dalla Letteratura all'Arte, troviamo altri esempi di riflessione sul
senso di pace dato dalla perdita del Sé e dall'annullamento del
pensiero del tempo, una perdita spesso selvaggia ed in parte
(auto)distruttiva, ma sempre liberatoria e creativa.
Jackson Pollock, il grande protagonista dell'Espressionismo
Americano a partire dagli anni '40, contro ad una vita di eccessi e
demoni, ci ricorda che:
“È
solo quando perdo il contatto con il dipinto che il risultato è un
disastro. Altrimenti c'è pura armonia, un semplice dare e prendere,
ed il dipinto viene fuori bene.”J.
Pollock
Solo quando l'uomo riesce a dimenticare sé stesso e diventa pittore,
allora si fonde con il quadro, si libera e libera la sua Arte.
Dopo
pochi decenni, un altro grande artista americano ci lascia un
sofferto e bellissimo testamento sulla ricerca di un istante di
felicità. Nel 1972 Lou
Reed pubblica nell'album
“Transformer” il
singolo “Perfect Day”,
ode malinconica dove, rivolgendosi ad un non meglio identificato
“you”, il cantante
dei Velvet Underground
riflette sullo stato di benessere che questo gli provoca, dicendo:
“Just
a perfect day
you made me forget myself” L. Reed
you made me forget myself” L. Reed
Per
finire, e passare ad un'altra forma d'Arte, anche Jamie Bell,
protagonista di “Billy Elliot”,
film di S. Daldry del 2000,
parla delle sensazioni che ha quando danza, e dice:
“Sto
lì, tutto rigido, ma dopo che ho iniziato, allora, dimentico
qualunque cosa. E... è come se sparissi. Come se sparissi. Cioè,
sento che tutto il corpo cambia, ed è come se dentro avessi un
fuoco, come se... volassi. Sono un uccello. Sono elettricità. Sì,
sono elettricità.”
Anche in questo caso, la dimenticanza dell'Io, la sospensione dei
propri pensieri, lascia spazio ad una grande sensazione di benessere
e ad una carica di creatività liberatoria, che per Billy si traduce
in movimento.
Se
guardiamo infine al nostro quotidiano contemporaneo, non è difficile
ritrovare quelli che sono i metodi più disparati che l'uomo ha di
“dimenticare” sé stesso: da una cena con gli amici, ad un film,
ad una serata passata a ballare la musica che più ci piace, ad una
lezione di yoga. Si tratta di continue ed essenziali
valvole di sfogo che ricordano all'uomo che la felicità sta nella
dimenticanza, nel lasciar
scivolare via i pensieri che smuovono incessantemente gli ingranaggi
della nostra mente, per potersi concentrare sull'istante, sulle
sensazioni del presente, vissute senza la mediazione continua della
ragione e dell'analisi.
Siamo davvero felici insomma, quando meno ce ne rendiamo conto,
quando smettiamo di pensare con angoscia al futuro, quando non
guardiamo al passato con malinconia. Siamo felici quando riusciamo
ad essere nel presente, a gustare il momento ora, in equilibrio
tra ieri e domani.
L'uomo è felice quando riesce a distaccarsi dalla sua più grande
risorsa, che è anche la sua più grande condanna: la mente.
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