Penso che la parte più bella del viaggio sia il ritorno a casa.
Dopo giorni, o mesi, i ricordi stratificati del posto che abbiamo
visitato riemergono all’improvviso nella nostra mente: un’immagine, un
profumo o un suono che riviviamo a chilometri e chilometri di distanza.
Ed è proprio a questo punto che ci rendiamo conto di quello che il
viaggio ci ha lasciato, di ciò che ci porteremo sempre dietro al di là
della foto o del souvenir.
Voglio condividere con voi i miei 5 ricordi più belli, in ordine sparso, così come ritornano alla mente…
1.Le gocce di vapore del Cagaloglu Hamami di Istanbul, Turchia
In questo meraviglioso Hammam costruito nel 1741 per volere del
sultano Mahmut I il tempo si ferma: entrate nella sala centrale
(riservata alle donne), esplorate le piccole nicchie in marmo che si
aprono sui lati, dove ci si può risciacquare con acqua fresca, e
stendetevi infine sulla grande piattaforma di marmo centrale. Da qui lo
sguardo si perde attraverso la grande cupola traforata dalla quale entra
una luce magica, il vostro corpo si fa leggero, una goccia di vapore
cade dall’alto proprio sopra di voi, e vi sentite in pace con voi stessi
e con il mondo, almeno per un istante.
2.La strada deserta immersa nella nebbia per arrivare al Taj Mahal, Agra, India
Agra
è una città estremamente inquinata, c’è talmente tanto smog e
pulviscolo nell’aria che ogni volta che si fa un respiro sembra di
fumare una sigaretta. Ma, come tutto in India, questo
dettaglio “profano” si unisce al sacro: al mattino presto, intorno alle
6, lo smog si fa nebbia, i rumori si attutiscono, rendendo l’atmosfera
più ovattata. La strada che porta ad uno degli ingressi del Taj Mahal
è lunga e pianeggiante, affiancata da piccoli negozi turistici, e alle 5
e 30 del mattino è ancora immersa nell’oscurità. Ci si ritrova a
camminare nel buio, senza vedere nulla davanti o dietro, si continua
semplicemente in silenzio, addormentati, ogni tanto una bici o un
carretto passano di fianco, alcuni iniziano ad aprire i negozi, alcuni
passano di corsa… è un lento e misterioso risveglio prima che arrivi
l’alba e la meraviglia si manifesti…
3.La cena greca alla Taverna Kostas, Zia, isola di Kos, Grecia
Il villaggio di Zia, sull’isola di Kos, in Grecia, è decisamente
turistico. I suoi ristoranti sono famosi per le terrazzepalafitta
arroccate sulla collina, dalle quali si gode una vista meravigliosa
della piana che scende fino al mare, verde
e blu, e si ammira il tramonto accompagnati
dall’onnipresente sirtaki. Se però si lascia la strada battuta e ci si
inerpica per un ripido sentiero dietro alla via principale, si arriva in
alto, in mezzo a ulivi e case semi abbandonate, fino alla Taverna Kostas Zia.
Qui si trova una piccola terrazza coperta, con 6 o 7 tavolini: il
proprietario (un greco bruciato dal sole che alimenta il fuoco della
brace con un phon) e il figlio accolgono gli ospiti con silenziosa
gentilezza, preparando pochi e genuini piatti della tradizione greca.
Nessun finto sirtaki in sottofondo, solo pace.
4.La torta di mele del Grand Cafè Van Gogh, Bucarest, Romania
Bucarest non sarà certo famosa per la torta di mele, non stiamo
parlando della Sacher di Vienna, ma se vi capita di passare da questa
capitale dell’Est che si sta risvegliando, fermatevi al Grand Cafè Van
Gogh. Sicuramente le atmosfere olandesi non c’entrano nulla con
la Romania, ma in questa piazzetta si affacciano molti palazzi dal
sapore nordico e parigino (le guide vi diranno infatti che Bucarest è
conosciuta come la “Parigi dell’Est”), il sole si
riflette sulle vetrate del vicino Hotel Rembrandt e del Little Hostel
Bucarest, le panche sono comode, il personale gentilissimo e preparato e
le coperte fornite per stare fuori anche con il clima più freddo sono
piacevolmente calde. La regina però è lei: un’apple pie perfetta,
servita in una piccola teglia rotonda e calda,con una crosta croccante,
un ripieno di morbide mele alla cannella, sormontata da una
deliziosa porzione di gelato alla vaniglia. Non sarà un classico rumeno,
ma vi resta davvero nel cuore.
5.Il rumore del ferro battuto nei souq di Marrakech, Marocco
I souq di Marrakech sono un dedalo di strade: per sopravvivere,
bisogna accettare di perdersi, chiudere la cartina e lasciarsi andare.
Le stradine si attorcigliano una sull’altra, spesso il cielo non si vede più, ci sono circa tre sensi di marcia per i pedoni, più uno per per
le moto che passano a tutta velocità e uno per i carri trainati dagli
animali. Questo in una strada larga circa due metri, senza asfalto. I
souq di Marrakech sono divisi in diverse zone, spesso denominate a
seconda delle botteghe presenti, tra questi, il souq dei fabbri. Questa
zona è piena di piccoli antri bui, dove uomini accovacciati tagliano,
levigano, assemblano, in un concerto continuo di clangore,
fiamme ossidriche, martelli. Fermarsi un attimo al centro di questo
vortice è una strana esperienza, sembra di trovarsi di fronte ad una
foto in movimento, al rallentatore: la penombra è vivida, ogni tanto
dei guizzi argentati catturano l’occhio, un raggio di sole filtra
all’improvviso e colpisce un piccolo fabbro che rumorosamente continua
il suo lavoro quotidiano in questo mondo sommerso.
https://scorcidimondoblog.wordpress.com/2016/05/22/i-5-scorci-di-mondo-da-gustare-almeno-uno-volta-nella-vita/
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